Amleto

Amleto

Di W. Shakespeare
Regia Massimo Greco
Con gli attori di Emisfero Destro Teatro
Assistente alla regia Chiara Pozzebon
Drammaturgia del movimento Roberto Lun
Anno di produzione 2009

Su nessun danese in carne e ossa sono mai stati versati fiumi di inchiostro come su questo principe shakespeariano, che è uno dei pochi personaggi letterari che vivono anche al di fuori del teatro. Il suo nome dice qualcosa anche a coloro che non hanno mai letto né visto niente di Shakespeare. Da questo punto di vista l’Amleto rassomiglia a La Gioconda di Leonardo. Prima ancora di averla veduta, sappiamo già che sorride. E’ un po’ come se questo famoso sorriso si fosse staccato dal quadro e non contenesse più soltanto quello che Leonardo ha voluto esprimervi, ma anche quel che vi è stato scritto sopra. Troppe ragazze e donne, troppi poeti e pittori hanno tentato di decifrarne il mistero. A questo punto non è solo Monna Lisa a sorriderci, ma anche tutti quelli che hanno voluto sorprendere quel sorriso. E tutti quelli che l’hanno imitato.
La stessa cosa avviene per l’Amleto, e ancor di più per l’Amleto dato in teatro perché tra noi e il testo non si frappone più soltanto la vita autonoma dell’Amleto nella cultura, ma anche la dimensione stessa del testo. Una rappresentazione integrale dell’Amleto durerebbe circa 6 ore e qualsiasi riduzione sarà sempre un Amleto più povero di quello shakespeariano, ma può anche essere un Amleto arricchito della nostra contemporaneità. Può esserlo; preferirei dire: deve esserlo.

L’Amleto non lo si può rappresentare semplicemente. Forse è per questo che costituisce una tentazione così grossa per l’attore e per il regista. Molte generazioni vi hanno ritrovato i propri tratti come in uno specchio. E forse la genialità dell’Amleto consiste proprio nel fatto che ci si può vedere riflessi dentro come in uno specchio. Un Amleto perfetto dovrebbe essere il più shakespeariano e al tempo stesso il più contemporaneo possibile. E’ possibile una cosa del genere? Non lo so. Ma è soltanto con questo metro che possiamo giudicare le varie messe in scena shakespeariane. Chiederci cioè quanto c’è in esse di Shakespeare e quanto c’è di noi stessi.

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